Sono circa 8.000 gli operatori dei 501 Centri per l’impiego italiani e, di questi, solo 4.981 (1.835 al Nord, 1.143 nel Centro Italia e 2.003 al Sud) sono specializzati e qualificati per gestire la presa in carico dei circa 2 milioni e cinquecentomila soggetti in età lavorativa e sotto la soglia di povertà che potrebbero beneficiare del reddito di cittadinanza.
In considerazione dell’attuale numero degli addetti dei Centri per l’impiego, ogni operatore dovrebbe pertanto prendere in carico, dopo il 6 marzo, circa 506 potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza.
Questi alcuni dei dati messi in luce nel documento presentato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro nel corso dell’audizione del 5 febbraio scorso presso la XI Commissione lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, sul Ddl n.1018/19 di conversione del Decreto Legge n.4/19 contenente le disposizioni per Quota 100 e reddito di cittadinanza.
Un decreto con il quale prendono forma i due punti cardine dell’azione di Governo. Indispensabile quindi introdurre una semplificazione della procedura, già sperimentata in altre misure di politica attiva, evitando la doppia sottoscrizione del Patto per il lavoro e del programma di ricerca intensiva alla ricollocazione (AdR) e prevedendo un meccanismo di presa in carico del soggetto percettore, da parte dell’operatore che accompagnerà il beneficiario al lavoro.
Inoltre, la creazione di un sistema in cui gli operatori pubblici lavorino in sinergia con le agenzie per il lavoro private che, dopo il d.lgs. n. 276/03, svolgono un ruolo essenziale nelle politiche attive.
Tra le altre criticità segnalate dai Consulenti del Lavoro nel corso dell’audizione, la sospensione dell’erogazione dell’assegno di ricollocazione ai soggetti beneficiari di NASpI da almeno 4 mesi fino al 2021, prevista dall’art. 9 c. 8 del Decreto Legge n. 4/19. Chi perde un posto di lavoro e non si trova nelle condizioni per poter beneficiare del reddito di cittadinanza, si vedrà privato di quell’unico strumento di politica attiva a livello nazionale, appunto l’AdR, in grado di supportarlo nella ricerca di una nuova occupazione. I Consulenti del Lavoro hanno chiesto in primis di ripristinare tale strumento e solo in subordine di sopperire a questo vuoto di tutela per tali soggetti con l’introduzione di un regime transitorio prima della sospensione.